Il FIORE DI SANTA MARIA DEL FIORE (ipotesi sulla regola di costruzione della Cupola)

Il FIORE DI SANTA MARIA DEL FIORE (ipotesi sulla regola di costruzione della Cupola)

“In architettura la forma nasce sempre dall’invenzione di regole operative suggerite alla fantasia dalle prestazioni dei mezzi disponibili. Premetto questa affermazione per dichiarare subito il punto di vista dal quale cercherò di analizzare la Cupola di Santa Maria del Fiore. L’ipotesi che avanzerò è quella dell’esistenza di una “regola operativa” che il Brunelleschi avrebbe inventato per controllarne la concezione formale, e che avrebbe poi seguito, nell’esecuzione, fino al minimo dettaglio. L’ipotesi che avanzerò è quella dell’esistenza di una “regola operativa” che il Brunelleschi avrebbe inventato per controllarne la concezione formale, e che avrebbe poi seguito, nell’esecuzione, fino al minimo dettaglio.

Nel corso della ricerca ho ritenuti punti fondamentali l’adozione di un raggio di curvatura “fisso”, pari al “quinto acuto” e che la definizione geometrica delle strutture della Cupola avvenisse tramite strumenti in uso nel Rinascimento: la corda, l’archipenzolo ed il filo a piombo. 

L’uso di un “raggio fisso” elimina tutti i problemi di definizione degli spessori delle volte che, misurati alla base, non cambiano (intradosso della vela interna ed estradosso della esterna) per tutta la costruzione. Che la base delle misurazioni fosse posta sull’impalcato d’imposta della Cupola. Ho escluso l’uso di centinature, intese come riferimenti agli spigoli, poiché se fossero state realizzate, essendo di molto costo, sarebbero state riportate negli scritti dell’Opera.

” …se la base fosse circolare, cosa facile sarebbe… ” sembra avere detto il Maestro agli operai dell’Opera del Duomo, e certamente pensava alle cupole di rotazione dei Romani, delle quali aveva studiato a lungo le tecniche murarie. Ma essendo la nostra su base ottagona, i procedimenti per la definizione geometrica delle sue vele e la stessa tecnica struttiva dovevano apparirgli ben più ardue, certamente diverse.”

Firenze, 13 maggio 1983

Massimo Ricci

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